lunedì 27 luglio 2009

Solitude

Vincitore della sezione Racconti del concorso 'La verità vi prego sull'amore' organizzato da 'Oh poetico Parco'.

Solitude

Ero a testaccio, questo è certo.
Comincio a camminare perché è tardi, devo prendere il treno e non ho tempo.
I contorni della gente sono confusi e dietro gli occhiali che si appannano vedo le facce sfocate e indistinte.
Fissare la gente con gli occhi vuol dire ricevere il loro sguardo stupito indietro e non tutti ti guardano con simpatia.
Cammino per le strade e il silenzio mi attacca con forza. Accendo l'ipod e sembra sapere esattamente come mi sento. Accompagna il mio camminare con sapienza e tutto sembra assumere un senso.
Un ragazzo indiano mi guarda camminare, io lo guardo e quando lo supero e giro lo sguardo lui è fermo che mi osserva.
Mi giro, torno indietro e gli piazzo le labbra sulle sue.
La sua lingua nella gola.
Vomito. Disgusto, fastidio.
La commemorazione del corpo. L'umiliazione del corpo.
No, è troppo. Lo allontano e ricomincio a camminare.
In un attimo è lontano e non lo vedo più.
Passo sotto un ponte buio, ho paura. Nessuno intorno a me, solo le ombre proiettate dai lampioni.
Una figura nera, ma è solo un murales troppo realistico.
Cammino, cammino. Tanto velocemente da sembrare quasi una corsa.
Poi improvvisamente un'intuizione e mi metto veramente a correre. Non so verso cosa, ma corro corro corro.
Una salita ripida, la rincorro perché una parte di me sa dove sto arrivando. Una parte di me sa dove sta andando.
Giro la curva e un ambiente familiare mi accoglie.
La piazza dei tram. Stazione Trastevere e non so perché.
Forse è un segno.
Prendo il cellulare e chiamo.
Silenzio.
Guardo lo schermo luminoso ma è come se non avessi chiamato.
Richiamo e vedo il volto che conosco, sotto il suo nome.
Metto l'immagine sullo schermo all'orecchio ma non sento niente.
Guardo ancora lo schermo e leggo: "Trasferimento in corso".
Chiamo l'altro numero.
Una voce che non esiste mi dice: "Stiamo trasferendo la sua chiamata alla ..." attacco.
Un altro segno?
Io credo nei segni.
Guardo verso la fermata del tram e vedo l'autobus sostitutivo che parte e che si allontana.
Allora non devo andare. Lasciare, lasciare.
Vado verso la stazione. Vedo il treno che arriva.
Corro per non perderlo e salgo mentre le porte si chiudono.
Mi siedo e un gruppo di ragazzi stanno scrivendo sui vetri.
"Ehi! hanno cancellato la nostra tag sul posacenere!"
Scrivo anche io. Un sms sul cellulare. Lo invio. Non credo di aver fatto bene ma ho bisogno di scrivere.
L'ipod è spento e non so quando e come. Non ho più del rumore con me se non il mio ansimare.
I miei sensi si risvegliano un poco e sento il suo odore sulle mani.
Le ho lavate prima di mangiare ma il suo odore è ancora tra le mie dita.
Un'altra voce che non esiste dice che sono a casa. Prendo la borsa e salto giù dal treno mentre sta per partire.
Tanta gente. Una folla che mi accompagna per strada. Risate, fumo di sigarette. Odore di canne. Ragazzi che strillano.
Odorano di sudore e di urla. Vengono da piazza san Giovanni, dal concerto.
Continuano a portare il loro rumore con sé mentre gli passo in mezzo. Alcuni mi guardano. Uno mi spintona. Lo spintono anche io e nessuno mi guarda più. Si allontanano come se avessero paura.
Guardo la mia ombra. E' lunga e ha una forma strana. Sembro medusa.
I serpenti sulla testa.
Il vento mi butta i capelli sul viso e sento il suo odore. Anche sui miei capelli c'è il suo odore.
I serpenti-capelli mi sferzano la faccia e mi mordono. Sono serpenti vampiri e succhiano il sangue dal mio viso.
Cammino velocemente. Guardo la gente negli occhi e un uomo mi sorride. Dice qualcosa ma sono già lontano.
Delle ragazze mi guardano e capisco che dicono qualcosa di me.
Perché questa gente mi guarda? Gli faccio schifo? Gli piaccio? Cosa vuole questa gente da me?
Mi sento solo e voglio solo arrivare a casa.
Continuo a camminare, poi mi metto a correre perché non voglio incontrare lo sguardo degli altri.
Due occhi lucenti contro di me. Mi fermo e li guardo.
Bacio l'aria e gli occhi verdi e lucenti mi seguono.
E' Ade, sono a casa.
Entro dentro casa e getto lo zaino sul divano, getto le scarpe altrove e mi siedo.
Mi contatta Luca. Per un attimo mi sento meglio. Mi scrive. Gli rispondo.
Forse gli dico qualcosa che non gli piace. Mi saluta e stacca. Un po' di tristezza mi prende il petto.
Le dita formicolano e i pensieri e le parole si accumulano in attesa di essere proiettate.
Scrivo Scrivo Scrivo.


Ora mi sento meglio.

Ascolto Solitude di Billie Holiday.

Voglio solo dormire.

V.

mercoledì 8 luglio 2009

L'Unità - Un noir gaylib


Un giovane scrittore romano al suo romanzo d'esordio racconta una vicenda di libertinaggio contemporaneo. In una casa alla periferia della capitale, sette ragazzi vivono prostituendosi sotto la guida di un travestito. Ma un fatto di sangue piomberà su di loro, sconvolgendone l'equilibrio.

(Tempi Libertini a cura di Roberto Carnero - L'Unità 05/07/2009)